mercoledì 20 settembre 2017

ANCORA LAVORO


 
Argomento gia' affrontato ma....tutto e' in movimento e occorre stare sul pezzo.
Qualche settimana fa ho postato un articolo del sole 24 ore sul fatto che la migrazione degli italiani verso l'estero stia raggiungendo cifre inimmaginabili soltanto qualche anno fa.
Ricorderete che avevo postato una divisione per eta' e per prospettive lavorative o meno dei nostri compatrioti in giro per il mondo.
Torno sull'argomento perche' un ragazzo che viene in palestra e' stato appena lasciato a casa dalla Cucchi.
Qualche anno fa era stata acquisita da una multinazionale, poco per volta, malgrado avesse un monte di lavoro e' stata messa in liquidazione.
Probabilmente era stata comprata da un concorrente giusto per farla fuori.
Il mio conoscente si ritrova cosi' con 42 anni sul groppone, pochi soldi sul conto....senza lavoro.
Mentre nel resto d'Europa un quarantenne e' visto come una risorsa vista l'esperienza che e' in grado di offrire, in questa barzelletta di paese e'....vecchio.
Le aziende cercano ragazzi giovani a cui poter fare contratti capestro, possibilmente tramite agenzie interinali.
Una merda.
Il tipo mi chiedeva cosa c'era di buono per uno come lui a Cuba.
Gli ho detto di lasciare perdere, sull'isola le aziende sono poche, non assumono stranieri e la sua professionalita' non sarebbe utile in un paese dove le tecnologie sono indietro di decenni.
Come scrivevo nel pezzo in risposte all'articolo del Sole 24 ore Cuba puo' essere comunque interessante per iniziare una nuova vita, a patto che esistano i presupposti giusti e ci cerchi di rispettare determinati parametri.
Parlo ovviamente di chi e' ancora attivo nel mondo del lavoro, chi si reca sull'isola con una pensione o una rendita alle spalle e' al di fuori da questo discorso.
Chi ha una base economica di partenza, l'eta' ancora attiva e ha necessita' di reperire sull'isola le risorse per vivere ha qualche strada da esplorare.
Se mai andasse in porto l'idea (al momento e' solo tale) della trattoria potrebbe essere un modo, sopratutto per Simone che si trasferira' sull'isola, di portare a casa parte delle risorse necessarie.
Parte, non tutte.
Chiaro l'investimento deve essere ragionevole, le cose devono funzionare, la zona deve essere giusta ma questo vale per ogni attivita' in ogni paese nel mondo.
Il ristorante puo' essere un opzione, la casa de renta un'altra.
Conosco un italiano con cui collaboriamo con M&S che vive tranquillamente sia a Cuba che in Italia con una casa a Trinidad con 3 cuarti de renta che funzionano alla grandissima.
Parlo di una casa da 100 cuc al giorno di ingresso solo di renta.
Un'altro amico con i proventi dei suoi 3 cuarti al Vedado...si sta' guardando intorno per acquistare un'altra casa, dopo qualche anno di renta.
In presenza della Residenza Permanente poi si possono aprire altri orizzonti a patto di aver voglia di lavorare in un contesto....non esattamente uguale al nostro.
Un buon albanil, un decoratore dei nostri che sa cosa vuol dire quel mestiere, che lavora sopratutto in situazioni di pregio, sopratutto a La Habana, lavorando in contesti...stranieri puo' tranquillamente sbarcare il lunario senza grossi problemi.
A Tunas...che non e' La Habana...per dipingere un cuarto ad un culo bianco ti chiedono 10/15 cuc a volte anche 20...materiale escluso.
Questo puo' valere anche per lavori differenti, ad esempio intermediazione immobiliare.
Tutti vogliono vendere la casa, propina da chi acquista e da chi vende e il lavoro prende dimensioni interessanti.
Un'auto, per andare a prendere i turisti in aeroporto e poi scorrazzarli in giro per l'isola puo' essere un buon business, i soldi del carro sono un bel balzello, ma se il negocio funziona possono rientrare in tempi ragionevolmente brevi.
Certo ci vuole la RP e questa la si ottiene o col matrimonio o con un figlio riconosciuto ma se, in qualche modo si e' riusciti ad ottenerla allora...tanto vale farla fruttare.
Si fa per parlare....o no?

16 commenti:

  1. di Ilka Oliva Corado - Crónicas de una Inquilina

    Nel 2015, il Guatemala era sotto la lente dell'osservazione, si manifestava il sabato con la scusa dell'abbronzatura, perché per manifestare in mezzo alla settimana non c'era il coraggio. Poi si stava con bandiere, striscioni e fischietti, a parole si diceva di lottare contro la corruzione del governo; i più oltranzisti si autoproclamarono i nipoti di Arbenz e andavano con i cartelli con le foto del povero uomo. Questa stessa gente continua a negare il genocidio.
    I più insolenti tuttavia si osavano definire che erano il popolo, e si davano tre colpi di petto e uscivano come con la febbre del sabato sera e si univano solo nel momento della foto. L'obiettivo era uscire in primo piano sui media internazionali, fingendo una coscienza politica. Che erano parte della generazione sbagliata, con questo mancando di rispetto alle generazioni passate che erano state torturate, assassinate e desaparecidas dall'esercito del Guatemala.
    Per mesi abbiamo visto passare quella parata che aveva nella sua fila ipocriti, traditori, classisti, razzisti, omofobici, e, naturalmente, opportunisti. C'erano le persone oneste e socialmente consapevoli? Non c'è dubbio di si. C'erano, ad esempio, i popoli nativi che erano gli unici ad avere l'amore e l'identità, infatti esigevano un'Assemblea Nazionale Costituente. In queste manifestazioni si stava insieme, ma non si era uniti; il concetto di essere popolo era niente più che una frase retorica per le foto e per avere qualche contatto in più per il futuro.
    Di queste manifestazioni sono usciti documentari, articoli d'inchiesta sulle riviste e una quantità enorme di conferenze con esperti nazionali e internazionali che parlavano di aria fresca. Di tutto questo enorme baccano il risultato è stato catastrofico, come era da immaginare, per la mancanza di coraggio, la Memoria storica, identità, rispetto e dignità: la società non ha sostenuto la chiamata all'Assemblea Nazionale Costituente dei popoli nativi, definiti come “indios pigri e....”
    Questa stessa società che definisce criminali gli studenti degli istituti pubblici che scendono a manifestare esigendo i loro diritti, ha deciso di votare per Jimmy Morales, nulla di più e nulla di meno che l'uomo della continuità del neo-liberismo nel paese. Quelli che dicevano di essere i nipoti di Arbenz si sono dati una pugnalata alla schiena votando per colui che rappresenta il contrario: misogino, patriarcale, maschilista, classista, razzista, senza memoria storica, senza identità e opportunista.
    Da qui che vengono le aziende multinazionali nel paese a fare razzia, provocando ecocidi, da qui dove si compie pulizia sociale nelle periferie, da qui dove si viola e si bruciano vive almeno 40 ragazzine in un orfanotrofio di stato. Da qui dove i femminicidi sono un'epidemia. Da qui dove si triplicano le migrazioni forzate.
    Guatemala ha avuto una rara opportunità per cambiare, però questa società resta con la mente colonizzata e non l'ha colta, non ha avuto il coraggio per seguire la richiesta dei popoli nativi, quello che al contrario il popolo venezuelano ha fatto. Parlare di rifondazione è un eufemismo, il Guatemala ha bisogno di un cambio radicale alle radici, e l'Assemblea Nazionale Costituente può essere un inizio.
    Questo lo abbiamo appreso dal popolo venezuelano.
    Con fiducia dobbiamo uscire dalla cloaca senza più scuse e lottare per gli obiettivi politici. Con fiducia un giorno dobbiamo prendere coraggio e ritrovare la nostra memoria storica e la nostra identità. I bambini del Guatemala meritano di vivere in un paese che gli offra le opportunità per una vita degna, e non di dover scappare fuggendo alle migrazioni forzate rischiando la vita.
    Il popolo venezuelano ha dato un esempio di identità, coraggio e coscienza a tutto il Latinoamerica neoliberale e al mondo intero. Quando il popolo si unisce, non c'è media che possa fermarlo. Quando un popolo che impara a vivere in libertà, non c'è potere che possa rimettergli le catene.

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  2. È di almeno 226 vittime il bilancio del terremoto magnitudo 7.1 che è ha colpito il Messico mentre 3,8 milioni di persone sono rimaste al buio. Migliaia di persone terrorizzate, poco dopo le 13 di martedì, si sono riversate in strada per sfuggire agli edifici che si sgretolavano, solo 12 giorni dopo il sisma 8.2 che ha ucciso 98 persone e proprio in occasione del 32esimo anniversario del devastante terremoto, uno dei peggiori del Novecento, che il 19 settembre del 1985 in Messico ha provocato 10.000 vittime. L’epicentro è stato nella regione Morelos, a circa 160 chilometri da Città del Messico. Ci sono vittime anche nella capitale, dove sono crollati una quarantina di edifici comprese due scuole secondo l’ultimo bollettino del capo della protezione civile, Luis Felipe Puente. Tra le vittime, almeno 20 bimbi della scuola elementare Rebsamen, a Città del Messico, e una maestra.
    Soccorritori e volontari stanno lavorando senza sosta per estrarre le vittime dalle macerie. «È emergenza nazionale», ha dichiarato il presidente Enrique Pena Nieto, attivando anche i militari per i soccorsi. Tutte le scuole sono state chiuse a Città del Messico e negli stati di Puebla e Guerrero. L’aeroporto della capitale, inizialmente chiuso, è stato riaperto solo in serata e sembra non vi siano stati registrati danni. Negli ospedali a rischio crollo sono state ordinate evacuazioni. «Dio benedica la gente di Città del Messico. Siamo con voi e saremo accanto a voi», ha twittato ieri il presidente Donald Trump mentre l’ex presidente Barack Obama, sempre con un cinguettio, ha offerto le sue condoglianze inviando «un forte abbraccio a tutti».
    Messaggi di solidarietà sono arrivati da tutti i leader sudamericani, a partire dall venezuelano Nicolas Maduro, dal presidente di El Salvador, Salvador Sanchez e dal presidente dell’Honduras, Juan Orlando Hernandez. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha augurato ai feriti e al Paese una veloce ripresa. Il terremoto sembra che abbia provocato anche un’eruzione del vulcano Popocatepetl, nella regione di Puebla, provocando la morte di 15 persone, secondo il governatore Jose Antonio Gali. È il vulcano più attivo del Messico. L’ultima eruzione era stata registrata lo scorso luglio di quest’anno.

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  3. Dove il lavoro non esiste occorre inventario. Giuseppe

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  4. hola! purtroppo nella latrina queste sono le condizioni, il problema è che nessuno pensa al futuro non dico lontano ma nemmeno a corto raggio, finchè ci sono i genitori che mantengono (ai limiti decenza non oltre) tutto va bene. E questa è la generazione con qualche soldo poi ci penseranno i meno milleuristi a sostenere i consumi......Chi ha capitali y cojones se ne va e fa bene, se avessi i primi non starei qui. In quel de la isla se si sta alle regole del loro gioco è possibile fare qualcosa nei negocios descritti. chao Enrico

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  5. Quando la mia generazione terminerà i risparmi di una vita ne vedremo delle belle...

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  6. UDINESE (4-1-4-1): Scuffet; Larsen, Danilo, Nuytinck, Pezzella; Hallfredsson; De Paul, Fofana, Barak, Lasagna; Maxi Lopez. A disp. Bizzarri, Borsellini, Angella, Balic, Matos, Bajic, Ingelsson, Jankto, Adnan, Behrami, Ewandro. All. Delneri.

    TORINO (4-2-3-1): Sirigu; Ansaldi, Nkoulou, Lyanco, Molinaro; Rincon, Baselli; Falque, Ljajic, Niang; Belotti. A disp. Milinkovic-Savic, Ichazo, Valdifiori, Burdisso, Gustafson, De Luca, Edera, Berenguer, Moretti, De Silvestri, Boyè, Sadiq. All. Mihajlovic.

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  7. Anche allevare maiali oppure aprire un gymnasio potrebbero essere un alterativa.

    Alex88

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  8. Mambrini allenatore nazionale cubana di calcio a Sportitalia.

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  9. Il tecnico granata commenta così la prestazione granata, al termine di Udinese-Torino 2-3: “Ce l’avevo con tutti alla fine. A noi non piace vincere facile, ci piace soffrire fino all’ultimo. Pareggiare questa partita all’ultimo sarebbe stato assurdo. La squadra ha fatto bene, ma abbiamo sprecato troppo tra tiri e gestione della palla, non possiamo prenderci questi rischi assurdi. Ci godiamo comunque il risultato. Dovevamo migliorar fuori casa e lo stiamo facendo. E’ una vittoria che ci fa salire in classifica e ci fa preparare il derby con serenità. C’è da migliorare nella cattivera per chiudere le partite, ma oggi contava vincere e lo abbiamo fatto”
    Ancora Mihajlovic in conferenza stampa: “Siamo stati superiori, abbiamo avuto occasioni e ripartenze ma abbiamo sbagliato quasi tutto. Abbiamo giocato bene, ma è assurdo rischiare il pari ad un minuto dalla fine. La nostra mentalità ci impone di volere sempre vincere, ma dobbiamo migliorare a gestire la palla. Se rischiamo così con la Juve sarà dura”

    Il tecnico, poi, ai microfoni di SKY si proietta al derby della Mole, in programma sabato sera. Sarà il duello tra Ljajic e Dybala il tema principale?

    “Ljajic non è il Torino come Dybala non è la Juve. Sappiamo che ci aspetta una partita difficile, ma anche che abbiamo le carte in regola, dal punto di vista umano e tecnico, per metterli in difficoltà. Il vantaggio è che andiamo lì sereni dal punto di vista della classifica: grazie alla vittoria di oggi prepareremo la partita senza ansie. Lo svantaggio è che giochiamo fuori casa: ma già l’anno scorso abbiamo dimostrato che possiamo metterli in difficoltà anche lì”.

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  10. Repressione brutale, irruzione e raid nelle sedi politiche regionali, 14 arresti, prigionieri politici e stop coatto al voto popolare previsto.
    Per i lettori meno attenti o maggiormente intossicati dalle fake news propalate quotidianamente dal circuito informativo mainstream, precisiamo che si tratta della Spagna, non del Venezuela guidato dal ‘dittatore’ Nicolas Maduro.
    La polizia militare spagnola ha effettuato ieri mattina arresti e perquisizioni nelle sedi del governo catalano a Barcellona. L’oggetto del contendere è il referendum per sancire l’indipendenza dello Stato di Catalogna da Madrid: le forze di polizia hanno inoltre provveduto a sequestrare l’80% circa delle notifiche di convocazione ai seggi referendari destinate agli elettori per il voto in programma il 1 di ottobre. Un voto dichiarato illegale all’inizio di settembre dal Tribunale Costituzionale spagnolo.
    A questo punto una domanda sorge spontanea: se ad agire in questo modo fosse stato il ‘dittatore’ Maduro in luogo del ‘democratico’ Rajoy quale sarebbe stata la reazione di stampa e governi occidentali? Dov’è finita lady PESC, Federica Mogherini, o il povero presidente del Parlamento Tajani che strepitano e braitano un giorno sì e l’altro pure contro il legittimo governo in Venezuela?
    A questo punto conviene fare un passo indietro perché possiate capire il livello con cui i media hanno intossicato il dibattito. In Venezuela, domenica 16 luglio, si è tenuto un referendum illegale: il "plebiscito" convocato da quelle destre che, non essendo riuscite a destituire il legittimo governo con le violenze e il terrorismo nelle strade che hanno prodotto oltre 100 e più di mille feriti, sono passate alla ricerca di un governo parallelo attraverso una votazione, che non era proprio prevista dalla Costituzione venezuelana. Nonostante l’operazione fosse illegale e dal chiaro retrogusto golpista, il governo ha consentito lo svolgersi del plebiscito senza alcuna repressione. Ma per giorni e giorni avete letto dai giornali “liberi” di quanto fosse dittatoriale il governo di Caracas.
    E’ stato proprio il presidente del Venezuela Maduro a rimarcare la doppia morale di alcuni personaggi, Mariano Rajoy in primis, lo scorso luglio. «Mariano, hai già abbastanza grattacapi con la questione della Catalogna, lascia perdere il Venezuela! Per Mariano Rajoy un referendum parallelo allo Stato è legale, invece un referendum voluto dal popolo catalano per dare voce a chi da decenni reclama l’indipendenza dallo Stato spagnolo non sarebbe legale. Su quali basi affermi, Rajoy, che il referendum del popolo catalano sarebbe illegale?». Questo il preciso rilievo di Maduro dove emerge con forza la solita doppia morale occidentale nei confronti del Venezuela.
    In seguito alla stretta repressiva di oggi, il presidente catalano Carles Puigdemont ha chiosato: «Il governo (di Rajoy ndr) ha oltrepassato la linea rossa che lo separava dai regimi totalitari ed è diventato una vergogna democratica». Una vergogna democratica, la Spagna (UE).

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