mercoledì 6 dicembre 2017

GLI ORFANI DEL MEZZO POLLO

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Sono nato nei primi anni 60, in pieno boom economico, venuto su alla buona senza troppe cazzate per la testa, poca e selezionata tecnologia scoperta forse un po' troppo tardi.
La mia generazione e’ quella coi telefoni a rotella, le cabine telefoniche, i gettoni e via discorrendo.
Era anche quella che pero', se non volevi farti trovare...non ti trovavano.
I movil li abbiamo scoperti a 35 anni suonati, ricordo un enorme Nec, il mio primo pc l’ho acceso, dopo aver penato per capire come fare, che avevo gia’ 40 anni.
Una delle tendenze di tutte le vecchie generazioni nei confronti delle nuove e’ quella di dire che prima si stava meglio e che ora e’ una merda.
Cazzate.
Ogni generazione, come ogni stagione della vita, ha i suoi picchi e i suoi sprofondi.
Certo noi si giocava in strada, si assaporava la vita in un certo modo ma era una vita di borgata, di vie, al massimo di quartieri.
Oggi i giovani con un clik parlano e comunicano coi loro coetanei dall’altra parte del mondo.
La cosa piu’ fastidiosa, confesso di esserci cascato (a volte, non troppo spesso per fortuna) anche io, e’ il vedere cinquantenni che pontificano sulle nuove generazioni e i nuovi mezzi di comunicazione come se loro, i cinquantenni, fossero i depositari della saggezza divina.
Se il mondo e' questa merda anche la mia generazione ha le sue brave responsabilita'.
Certo, ci ho messo un po’ a capire come funziona questo nuovo mondo, anche in questo caso, come ho fatto per tutte le cose della mia vita ho cercato l’essenziale eliminando il superfluo.
Questo blog, un minimo di social, Facebook piu’ che altro per la palestra e per condividere quello che scrivo qua’.
Stop.
Non serve per essere dentro le cose correre dietro a mille sentieri, doversi sorbire i cazzari, i coatti, gli sfigati da tastiera, quelli che si ricordano tutto cio’ che hai scritto.
L’essenziale, cio’ che serve davvero.
Oppure che diverta, che dovrebbe sempre essere lo scopo primario nell'avvicinarsi ai social
In quest’ottica vanno viste anche le nuove generazioni di cubani che si approcciano ad internet, con tutte le menate che questo comporta.
Prima noi stranieri eravamo la porta per il mondo, gli occhi oltre quel mare che a volte, sembrava un muro invalicabile, ora siamo solo degli sfigati come tanti altri.
Con un po' piu' di plata di loro, ma non sempre.
Utilizzano la rete, quando possono, per ogni sorta di cazzata, ero a Cuba quando e’ arrivato il wi fi in piazza a Tunas.
Quella stessa piazza dove la gente si ritrovava per ridere e scherzare era diventato un luogo silenzioso, dove tutti pigiavano i tastini del loro telefono incuranti di chi avevano vicino, di cio' che accadeva attorno.
Bene, male, bello, brutto…chi puo’ dirlo? Chi puo’ dire che prima era meglio?
Certo gli orfani del mezzo pollo forse, quelli che con mezzo volatile "donato" alla fanciulla risolvevano la serata, oggi queste patetiche figure ancora si aggirano per Cuba, riempiono di nostalgia cio' che resta dei forum, ma il loro tempo e’ passato ed il bello e’ che non se ne sono neanche accorti.
I ragazzi, al final, sono uguali ovunque e ovunque vogliono le stesse cose, tocca a noi cercare di trovare un linguaggio comune per comunicare con loro.
Cubani o italiani che siano, credetemi le differenze sono minime.
Non eravamo migliori noi, non era migliore la Cuba di prima semplicemente eravamo diversi noi ed era diversa Cuba.
Non eravamo puttanieri prima e non siamo diventati virtuosi ora, non erano puttane prima non sono diventate comprensive amiche ora.
Cuba e' uno specchio che ci restituisce, sempre, cio' che siamo, se siamo dei coglioni ci tratteranno da tali, allo stesso modo se saremo persone decenti verremo trattate sempre con rispetto.
Il tempo che e' passato, gli anni andati, la nostalgia per ...”prima era meglio” sono solo delle gran cazzate.
Se diventiamo padroni di questo nuovo modo di vivere e sappiamo ritagliarci il nostro spazio, malgrado l’eta’, allora le linee di comunicazione resteranno sempre aperte.
A patto di lasciare il mezzo pollo in frigorifero.

6 commenti:

  1. francesco olivo

    Resta alta la tensione in Catalogna. A poco più di due settimane dalle elezioni, non arriva il segno di distensione che in molti si aspettavano. Il Tribunal Supremo di Madrid ha deciso di lasciare in carcere il vicepresidente decaduto della Generalitat Oriol Junqueras, detenuto nella capitale spagnola dal 2 novembre scorso con l’accusa di sedizione, ribellione e malversazione. Domani inizia una campagna elettorale che è poco definire anomala, visto che due dei protagonisti principali non vi potranno prendere parte: Carles Puigdemont in Belgio e il suo vice Junqueras in prigione.

    Le elezioni

    Il 21 dicembre si vota in Catalogna. Si tratta di normali elezioni per il parlamento regionale, il quale poi troverà un presidente. L’anomalia però sta nella convocazione: a indire il voto è stato infatti il governo spagnolo di Mariano Rajoy e non, come vuole lo statuto catalano, il presidente della Generalitat. L’esecutivo di Madrid ha convocato le elezioni in virtù dell’articolo 155 che sospende l’autonomia regionale.

    I sondaggi

    Secondo l’ultimo sondaggio, quello del Cis, l’istuto ufficiale spagnolo, le tre liste indipendentiste catalane otterrebbero 67 seggi su 135 . I secessionisti, a differenza del 2015, si presentano separati, da una parte Junts per Catalunya guidata dall’esilio da Carles Puigdemont, dall’altra Esquerra republicana, il cui leader Oriol Junqueras è in carcere.
    Il primo partito, secondo i sondaggi, potrebbe essere Ciudadanos, i centristi di Ines Arrimadas, i più duri oppositori dell’indipendentismo (31-32 seggi) . In ripresa anche i socialisti di Miquel Iceta. Ma la somma dei cosiddetti “costituzionalisti” non raggiunge la maggioranza assoluta dei seggi. Decisivi saranno a quel punto i deputati di Ada Colau, la sindaca di Barcellona, che con la sua Catalunya en Comú (alleati di Podemos) non si schiera né con i secessionisti di Puigdemont né con gli avversari.

    I ministri

    I componenti del governo Puigdemont, destituiti dalla Spagna dopo la dichiarazione d’indipendenza della Catalogna, sono da oggi sparsi in tre gruppi. L’ex president si trova in Belgio, sul suo capo pende un mandato di cattura europeo su richiesta della giustizia spagnola, ma i magistrati belgi hanno ancora una volta rinviato la decisione. La prossima udienza, che probabilmente non sarà l’ultima, è stata fissata per il 14 dicembre. Con Puigdemont ci sono quattro “ministri”.
    Un secondo gruppo è formato dai membri dell’esecutivo indipendentista scarcerati ieri, dietro pagamento di una carissima cauzione (100.000 euro) e con il ritiro del passaporto. Si tratta di Carles Mundó, Raul Romeva, Jordi Turul, Josep Rull, Dolors Bassa e Meritxell Borrás.
    In carcere a Madrid restano invece Oriol Junqueras, ex vicepresidente e Joaquim Forn, ex ministro degli Interni. Stesso destino per i due leader delle associazioni della società civile indipendentista Jordi Cuixart e Jordi Sànchez. Si tratta, secondo i giudici, del nucleo duro dell’indipendentismo.

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  2. La scommessa è ambiziosa: rompere l’assedio economico internazionale e le sanzioni imposte da Stati Uniti ed Unione Europea anche grazie alla creazione di una moneta virtuale venezuelana. El Petro sarà il suo nome. Ad annunciarlo è Jorge Rodriguez, ministro della Repubblica Bolivariana del Venezuela per la Comunicazione.
    «Sarà una criptovaluta non coinvolta nel sistema finanziario internazionale, fuori da quei circuiti come Euroclear che attualmente ha bloccato 1.250 milioni di dollari del Venezuela, e rifiuta di sbloccarli per permettere l’acquisto di alimenti e medicinali», ha spiegato il dirigente bolivariano ai microfoni di Venezolana de Televisión.
    Dunque, la moneta virtuale nelle intenzioni del governo dovrà dare libertà di manovra al paese attualmente assediato dal sistema finanziario internazionale.
    El Petro però avrà una caratteristica particolare: mentre le Cryptocurrencies esistenti tendono a creare il loro valore iniziale attraverso un processo aritmetico chiamato "mining”, lasciandole esposte alle fluttuazioni del mercato, la moneta virtuale venezuelana sarà sostenuta da una commodity conosciuta come il petrolio.
    Così mentre Bitcoin, la criptovaluta più famosa al mondo, ha visto il suo valore salire alle stelle contro il Dollaro, alcuni rimangono poco convinti delle sue prospettive a lungo termine per la stabilità. Una valuta, sostenuta dal petrolio, al contrario, dovrebbe fluttuare secondo il ben noto prezzo globale del Brent Crude.
    Secondo il presidente Maduro El Petro ha l’obiettivo di rafforzare «la sovranità monetaria del paese, sbloccare le transazioni finanziarie e sconfiggere il blocco finanziario contro il paese», come riporta The Duran.
    Jorge Rodriguez ha sottolineato che il valore del petrolio che alberga nel suolo venezuelano è pari a 40 volte il PIL degli Stati Uniti d’America e 4 volte quello cinese.
    La creazione della criptovaluta El Petro trova il favore dell’economista Andrés Giussepe. Il coordinatore nazionale della ‘Fuerza de Profesionales y Técnicos del Congreso de la Patria ante la Comisión de Economía Diversificada y Productiva de la Asamblea Nacional Constituyente’ (ANC), ha spiegato ai microfoni di Venezolana de Televisión, che El Petro costituisce una rivoluzione nell’ambito delle monete virtuali perché «sostenuto dalle nostre riserve naturali strategiche».
    Secondo Giussepe con El Petro il paese sudamericano sarà in grado di «avanzare verso un sistema finanziario solido per sostenere il nostro sviluppo».
    Il nuovo meccanismo virtuale finanziario progettato dal governo venezuelano sarà all’interno del cosiddetto Blockchain, ossia un database che viene mantenuto da tutti i partecipanti alla rete e che contiene tutte le transazioni effettuate dall'assegnazione della prima moneta.

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  3. Mezzo pollo...che tristezza. Giuseppe

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    1. Caro Giuseppe il mezzo pollo e le baracche di legno per qualcuno hanno un richiamo irresistibile. ...

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  4. QUESTO E' UN UOMO!

    È durato sedici mesi l’idillio tra il Crotone e Davide Nicola che nella passata stagione aveva portato la squadra calabrese a guadagnare un’incredibile salvezza. Il tecnico ha ufficializzato stamani le sue dimissioni irrevocabili da allenatore lasciando quella panchina sulla quale si era seduto il 9 luglio del 2016. Il 44enne di Luserna San Giovanni (Torino) era arrivato quasi da matricola avendo allenato in A solo il Livorno, dove era rimasto per 20 giornate prima dell’esonero.



    Con il Crotone l’inizio non fu positivo. Difficoltà logistiche (la squadra aveva iniziato la Serie A a Pescara per l’indisponibilità dello stadio) e rosa non adeguata crearono difficoltà e malumori. Alla fine del girone di andata i rossoblu’ avevano soli 9 punti in classifica. Il Crotone, però, continuò a difendere l’operato del tecnico. La costanza e la determinazione nel lavoro dell’allenatore, la sua filosofia di gioco e la capacità di mettersi alle spalle le critiche, cominciarono a creare i presupposti per una rimonta alla quale nessuno credeva. Dal 19 marzo 2017, giorno della sconfitta con la Fiorentina in casa, il Crotone iniziò la sua marcia verso la salvezza. Il via alla rimonta fu dato il 9 aprile con la vittoria per 2-1 sull’Inter.



    I punti di ritardo erano ancora molti e nessuno credeva nel miracolo, ma Nicola continuava a lavorare in silenzio con i suoi calciatori. Il tecnico diventò un modello per la città. «Spero che il Crotone possa essere d’esempio ai giovani affinché capiscano che quando nella vita ci sono difficoltà non devono smettere mai di inseguire i loro sogni» disse alla vigilia della gara contro la Lazio, ultima di campionato e decisiva per la salvezza. Il Crotone vinse quella gara e ottenne la permanenza in Serie A. Come promesso, il tecnico, per celebrare il risultato, tornò da Crotone alla sua città Vigone (Torino) in bicicletta attraversando tutta l’Italia e portando avanti anche alcune battaglie per la città pitagorica come quella relativa alla riapertura dell’aeroporto.



    Confermato per la stagione in corso, Nicola ha raccolto 12 punti in 15 gare rimanendo fuori dalla zona retrocessione. Qualcosa, però, non è andato. Gli ultimi risultati - quattro sconfitte consecutive con Genoa, Juventus, Udinese in campionato ed ancora Genoa in Coppa Italia - hanno deluso l’ambiente per le prestazioni. «Chi pensava di salvarsi prima si sbagliava di grosso», è stato il suo commento, sibillino, dopo la sconfitta interna con l’Udinese. Oggi, a dimissioni consegnate, si è capito a cosa si riferiva: alla discesa nello spogliatoio, nell’intervallo, del presidente Raffaele Vrenna. Che però nega decisamente di avere delegittimato Nicola: «Sono andato per spronare la squadra e lui ha ritenuto che questo lo avesse delegittimato. Non è nel mio stile, non sono mai intervenuto sotto l’aspetto tecnico, né su come schierare la squadra».



    Vrenna ha provato anche stamani a far recedere il tecnico, ma di fronte alla fermezza di Nicola si è dovuto arrendere. «Rispetto la decisione del mister, ma non la condivido», ha detto oggi. E così la favola del tecnico piemontese a Crotone è finita proprio oggi, giorno di San Nicola.

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  5. Secondo una nota ufficiale, sono stati 4 milioni i turisti stranieri che nel 2017 hanno visitato Cuba, per la quale continua il 'boom' del settore nonostante "l'uragano Irma e le campagne per impedire che visitatori stranieri vengano" sull'isola.

    Cuba "ha raggiunto" questa cifra lunedì, 54 giorni prima di quello che ci si aspettava, ha dichiarato il ministero del Turismo. Il dato apre la possibilità di un nuovo record annuale di viaggiatori entro la fine dell'anno.

    Il ministero considera queste cifre un successo nonostante i gravi danni provocati da Irma nelle infrastrutture economiche e "le campagne per evitare che i visitatori di altre nazioni vengano a conoscere l'arcipelago cubano", si legge nella nota. Quest'ultima dichiarazione farebbe riferimento all'attuale situazione dei rapporti con gli Stati Uniti d'America, ma nonostante i venti negativi, le autorità locali stanno adottando misure per il settore dell'industria turistica, tra le quali la pubblicazione di un nuovo "portafoglio di offerte" per attrarre investimenti internazionali.

    Tra le aziende americane attive a Cuba ci sono le compagnie di crociere, che sono più di una speranza a Cuba di mantenere il "ritmo del boom" dell'industria turistica. Secondo una proiezione del Consiglio commerciale ed economico Stati Uniti-Cuba, tre grandi compagnie di crociere americane lasceranno più di 623 milioni di dollari di entrate tra il 2017 e il 2019.

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