giovedì 11 gennaio 2018

DOPO RAUL 1



Mentre ero a Cuba, in un discorso all'Asemblea Nacional, Raul ha annunciato che ad aprile di quest'anno finira' il suo mandato e non si candidera' per quello successivo.
In realta' l'Asemblea avrebbe dovuto terminare la legislatura a febbraio ma, per completare las medidas a seguito dei danni inflitti all'isola da Irma, si e' deciso di prolungare tutti gli incarichi fino ad aprile.
Dopo 60 anni non ci sara' piu' un Castro al potere, non e' ancora chiaro se Raul manterra' o meno la carica di Primo Segretario del Partido Comunista de Cuba.
Mentre all'intellettuale Fidel poteva anche andare bene il ruolo di “Vecchio Saggio”, non ce lo vedo il soldato Raul a coltivare le begonie in giardino.
E' anche vero che parliamo di una persona di 86 anni che, visto la vita che ha fatto, meriterebbe un buen retiro senza troppe complicazioni.
Fra le altre cose nessuno e' in grado di sapere il vero quadro clinico di un uomo di 86 anni.....quindi e' assolutamente arrivato il momento di passare la mano.
Ne ho parlato, a lungo, col boss e con altri amici cubani; non c'e' una grande preoccupazione, a differenza dell'insofferenza con cui noi stiamo affrontando la nostra campagna elettorale, a Cuba, la gente ancora si fida dei propri politici consapevole com'e' che, visto lo scenario internazionale in cui si trovano, hanno fatto, fanno e faranno esclusivamente quello che potranno.
Raul, a parte le menate del Trumpo, lascia il paese in un momento di relativa tranquillita'.
In Venezuela pare che le cose si siano, in parte, tranquillizzate, qualche ladrone e' stato messo al gabbio, si sono aperte nuove linee di credito internazionale, Maduro appare piu' solido rispetto al recente passato.
Ad aprile 2017 non riuscivamo con lo chaffeur a trovare una pompa di benzina a La Habana provvista di carburante, a Dicembre il problema non esisteva.
Il cambio si e' visto anche nelle piccole cose.
I negozi, sopratutto nella capitale, sono abbastanza forniti, il soldo gira con una certa velocita'.
Nel solo anno 2017 Cuba e' stata visitata da 4 milioni e 700 mila turisti, scusate se e' poco.
La Mogherini e' stata pochi giorni fa a La Habana, si e' incontrata con tutti i massimi dirigenti cubani, Raul compreso, riaffermando che, malgrado le cazzate del Trumpo, il legame che lega l'unione europea con Cuba e' tornato ad essere piu' forte che mai.
La Habana e' un cantiere a cielo aperto dove fervono lavori di rammodernamento messi in piedi da ditte europee, in sodalizio con imprese cubane.
Anche oggi nel mondo sono morti migliaia di bambini di fame.....non uno di questi bambini e' cubano.
L'isola ha uno dei tassi di alfabetizzazione piu' alto al mondo, poi possiamo anche discutere sulla qualita' di questa alfabetizzazione, ma il dato e' incontrovertibile.
Il paese resta una delle nazioni piu' sicure al mondo, il solo di quella regione dove un turista non rischia la ghirba allontanandosi dalle zone prettamente turistiche.
Sanita' ed educazione restano totalmente gratuite, parliamo di un paese del terzo mondo.
La libreta sara' poca roba, ma comunque aiuta il bilancio economico di milioni di famiglie cubane.
Poi certo....i salari statali sono una porcheria, l'accesso alla rete e' ancora sporadico e costoso, la burocrazia complica molte cose, i trasporti restano un problema irrisolto.
In alcune provincie e' difficile trovare alcuni generi di prima necessita' come uova, frutta, verdura e cose simili.
La corruzione e' ancora troppo dilagante in ogni settore della vita sociale, il cuentapropista e' diventato la gallina dalle uova d'oro che lo stato vuole spennare piuma dopo piuma.
Tutto sommato pero' Raul lascia un paese in cammino, magari non di corsa o in marcia, ma in cammino.
La Rivoluzione, con tutti i suoi limiti, e' ancora un dogma che pero' e' sempre piu' complicato spiegare alle nuove generazioni.
Continua....

13 commenti:

  1. «Sono stato sconfitto. Direi totalmente sconfitto. Ma non mi arrendo». Le parole di Paolo Sollier hanno il peso degli anni, sabato saranno settanta. Sollier ha fatto il centravanti del Perugia dal ’74 al ’76, segnava poco, ma correva come un matto («facevo casino») e salutava dal centro del campo con il pugno chiuso. Compagno centravanti. Ora immaginatevi quel calcio, ma anche quello di oggi in effetti, e sentitelo: «Io sarò sempre quel pugno chiuso».

    È nato a Chiomonte, Val di Susa, cuore dei NoTav: sabato fa settant’anni, il Sessantotto timbra i cinquanta. Sollier, chi è invecchiato meglio?

    «Dura da dire. Io sono certo di un fatto però, la vecchiaia è bruttissima ma io voglio viverla con lo spirito degli anni Settanta. Avete in mente le degenerazioni, il terrorismo, la violenza, ma la contestazione ha influito sul lavoro, la scuola, la famiglia. Ha creato un futuro migliore».

    Calciatore e compagno: problemi etici?

    «A Perugia guadagnavo otto milioni all’anno, non ero ricco ma privilegiato. Con i miei soldi sostenevo il movimento, non facevo il rivoluzionario con il conto a Lugano».

    Meglio il collettivo in campo o quello fuori?

    «Quel Perugia è stato un collettivo perfetto, non ci considerava nessuno ma uniti dalla stessa passione e dallo stesso impegno siamo arrivati in alto».

    Come nacque il pugno chiuso in campo?

    «Lo facevo nei Dilettanti e una volta arrivato in serie A, mi interrogai se fosse o no il caso di continuare. Decisi di sì in nome della coerenza. Oggi quel gesto diventerebbe, come si dice..., virale sui social, ma non avrebbe seguito in campo. Mi piacerebbe che qualcuno lo rifacesse, ma temo che i giocatori moderni non se lo possano permettere. Il calcio di oggi allontana dalla realtà, poi magari qualcuno nel privato agisce in altra maniera. Ma l’impegno politico è uscire allo scoperto, prendere posizione. Ecco, non vedo niente di tutto questo, pugno o non pugno».

    Aveva la tessera di Alternativa Operaia, leggeva il «Quotidiano dei lavoratori»: un marziano?

    «A Perugia non ho mai cercato di fare proselitismo, difficile si parlasse di politica. Solo più tardi a Rimini, cercai con qualche compagno di dar vita a un collettivo dei calciatori di sinistra».
    Con chi e come andò?

    «Ricordo Montesi, Pagliari, Ratti, Galasso. Andò che dopo due riunioni ci sciogliemmo. Scrissi anche all’Associazione calciatori chiedendo loro di schierarsi politicamente proprio come gli altri sindacati, mi rispose l’avvocato Pasqualin dicendomi che tra gli impegni dell’Aic non c’era la politica».

    Oggi non si rivede in nessuno?

    «È un altro mondo. Solo, mi piacerebbe che Damiano Tommasi diventasse presidente della Federcalcio. Mi sembra una persona seria: per questo non vincerà».

    Nello spogliatoio era Ho Chi Minh o Mao. Le dava fastidio?

    «I soprannomi no, erano il gossip di allora. Ero celebre mio malgrado e a volte non riuscivo ad essere naturale. Questo era il fastidio».

    Rinnega il pugno chiuso?

    «Non rinnego nulla. Oggi forse farei anche di peggio».

    Fu mai emarginato per la sua posizione politica?

    «Non diciamo balle. Ho fatto una buona carriera da calciatore e una deludente da allenatore ma solo per colpa mia. Tecnicamente ero scarso, tatticamente un anarchico, ma correvo».

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  2. Problemi con le tifoserie?

    «Solo con quella della Lazio. Che, di destra, mi accolse con uno striscione “Sollier Boia”. Alla vigilia dichiarai ai giornalisti che avremmo battuto la squadra di Mussolini, ovviamente perdemmo e i miei compagni mi dissero di smetterla con certe stronzate».
    In quella squadra c’era Walter Sabatini, ora è dirigente all’Inter e maneggia milioni e giocatori. Se l’aspettava?

    «È l’unica persona di quel periodo che ogni tanto sento, ma non mi permetto di giudicare un lavoro così lontano da me».

    È vero che gli regalò «Cent’anni di solitudine»?

    «Vero. Era Natale e c’era l’usanza di scambiarsi i regali. Io non sapevo davvero che fare e allora presi un libro per ogni giocatore, tutti con dedica. A Castagner, il nostro allenatore, scrissi non ricordo più su quale libro, “non si vive di solo calcio”. La prese bene».

    Dal suo pugno chiuso al braccio teso di Di Canio: differenze al di là dei fronti opposti?

    «Quel pugno era la conseguenza del mio percorso, di uno che ha iniziato nei movimenti cattolici del dissenso come il Gruppo Emmaus o Mani Tese e poi è passato alla militanza politica. Se il suo gesto aveva la stessa genesi, allora, pur rimanendo agli opposti, non ho nulla da dire. Diverso, invece, se lo ha fatto per accattivarsi consensi da parte dei tifosi».
    Si rivede in qualche calciatore?

    «Ero scarso. Farei un torto a chiunque nominassi».

    Vorrebbe giocare oggi?

    «No. Si cresce in batteria, è brutto dirlo ma è così. Non mi piacciono le scuole calcio, come nemmeno quelle di scrittura. Magari ti danno qualcosa in più, ma ti tolgono la fantasia».
    Nel ’76 scrisse un libro (Calci e sputi e colpi di testa): perché?

    «Vinsi un premio per un racconto e l’editore mi contattò. Voleva una cosa sociologica, che palle gli dissi. Se vuole le racconto la mia carriera, dai Dilettanti alla serie A. Avevo già tutto pronto, nel Vanchiglia ogni giocatore teneva un diario. Ce li scambiavamo e li commentavamo: praticamente Facebook».

    Helenio Herrera che le presta la casa di Parigi per un weekend romantico è leggenda o verità?

    «È verità, poi non ci andai, a casa sua non a Parigi, ma era pronto a darmi le chiavi. Che personaggio, aveva pause craxiane quando parlava, era l’unica autorità che mi metteva soggezione».

    Idee o ideali, che cosa è sopravvissuto?

    «In casa ho la foto del Che. Ma il neo liberismo ha sconfitto le idee, la solitudine competitiva ha cambiato il modo di vivere. Io mi nutro ancora di ideali. Alle idee ci pensino i giovani, tocca a loro prendere in mano il mondo. Io ho già dato».

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  3. Certo che non c'ha la faccia di culo di Mario Capanna che prende 5000 euro mensili di vitalizio

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    1. Beh....non solo lui....
      Comunque lo ricordo bene negli anni tosti.
      Era il classico "Armiamoci e...partite...."

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  4. Hai dipinto un quadro attuale troppo roseo. Giuseppe

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  5. Perche'?
    Credo di aver scritto conse incontrovertibili riconosciute da decine di organi super partes dell'Onu e di altre sigle internazionali.
    Scrivo quello che vedo....non riporto quello che leggo.
    Internet per me e' la parte conclusiva di un discorso mai quella iniziale.

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  6. hola! molto probabilmente il futuro è già scritto da tempo con Diaz Canel, leggevo poi che dovrebbero ripartire il potere in 3 organi compreso il già presente consejo de estado. In ogni caso, da quello che si può intendere esternamente, è un proseguo lento ma inesorabile ( sin prisa pero sin pausa ) di riforme e cambi. Farà effetto non legare più los castros a la isla ma saranno sempre ricordati come miti come el che. chao Enrico

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  7. Mmmmm.....il cane con più padroni rischia di morire di fame...

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  8. Ciao Milco, ho letto tutti i nuovi pezzi che hai scritto dopo il tuo ultimo viaggio a Cuba...complimenti e grazie per tutte le informazioni che continui a scrivere qui nel tuo blog!!! Alessio

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    1. Ciao Alessio.
      Col contributo di tutti andiamo avanti, per ora....

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  9. raul dalle apparizioni alla assemblea del potere popolare sembra in ottime condizioni psicofisiche, anche se ha 86 anni. Perciò è chiaro che per altri 3 anni starà a capo dell'isola, non come presidente del consiglio di stato, istituzione che presiederà diaz canel da aprile, ma come segretario del partito, che si sa è l'organo costituzionale che prende le decisioni a cuba.

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    1. Credo anche io, pero' al momento non c'e' ancora nulla di officiale.

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  10. Arrivi a 77 anni che pensi che la vita e’ bella.
    Ho mandato a cagare piu’ io in tutta la storia del cinema italiano che nessun altro.
    Ma si sa…”il vai a cagare pirla”…oggi non lo si usa quasi piu’….
    Chi riesce a fregarsene dei problemi poi alla fine vince sempre.
    Sono un appassionato di auto, ho figli e ho una bella casa fuori dalle balle.
    Mi mancano quelle belle vie di Milano vuote dove si girava in bicicletta.
    E la scena del trattore in piazza San Babila…fantascienza se pensiamo a cosa c’e’ oggi…
    Ma va bene cosi’….
    Oggi le persone vivono freneticamente con il taaac….
    Se pensate alla velocita’ di tutto e tutti….
    Accompagni i figli a scuola….taaaac….
    Torni a casa e prepari da mangiare….taaaac….
    Guardi tua moglie e pensi che ti sei sposato per amore e non per altro…..taaaac…
    E la tua felicita’ e’ un taaaaac….
    Che posizioni in fondo alle frasi perche’ in quel momento sei felice ed infelice…
    Felice perche’ hai tante cose….infelice perche’ le cose che non avevi prima ti mettono a disagio in quel momento…
    E vorresti tornare indietro alla tua semplicita’.
    E cosi’ la societa’ d’oggi va forte…
    E i ragazzi sono pieni di troppe cose che non possono far nascere un qualcosa che si possa definire Trash…
    Anzi oggi c’e’ troppa poca leggerezza…
    E le generazioni mie Teocoli, Boldi, Abatantuono, Villaggio…
    Non le eguagliera’ nessuno.
    Perche’ noi abbiamo fatto epoca….
    Con le nostre vite, le nostre abitudini e le nostre tristezze e le nostre tragedie.
    Perche’ un comico che puo’ far veramente ridere deve ”sorbirsi” esperienze di ogni genere…
    E la bellezza di una faccia che si riconosce e’ proprio questo…
    Se mi riesci a guardare negli occhi ti sentirai a casa…
    Una casa che si chiama ”Italiano”…
    Come le belle cose che si facevano tra il 1960 e il 1990….
    Poi tutto diventa difficile…
    Ed e’ un peccato non per me che ho anche l’umbrela…
    Ma piu’ per voi che ridete poco e vi divertite male.
    Provate dunque ad usare un Taac per ogni cosa che fate…
    Anche se siete tristi ripetetevi….
    <>
    <>
    Vedrete che prima o poi un sorriso arriva.
    Ecco quello sono io.
    Pozzetto.

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